top

11 dicembre 2005

Commento alla maratona di Reggio Emilia

 Solo oggi, e dopo le buone notizie che mi arrivano da Verona, mi sento pronto a dare il mio contributo letterario all’Associazione Amatori Nuoro. Ho visto che è consuetudine dei soci mettere per iscritto le sensazioni provate durante la gara. La cosa mi piace e spesso ho letto con interesse i resoconti dei vari esordienti.

Ho iniziato questa avventura sin dalla Primavera quando Massimo mi ha proposto la partecipazione a Reggio Emilia. Ho subito accettato perché ormai corro da 2 anni e volevo misurarmi con questa distanza. Durante l’estate ho iniziato a caricare con qualche piccolo problema muscolare e tendineo. Poi il mitico PierPaolo mi ha preso sotto la sua ala protettrice e mi ha iniziato a proporre un programma di allenamento che ho seguito sin da subito con entusiasmo. Per la verità dopo le salite in Pineta a velocità massima l’unico aggettivo che sono riuscito ad associare alla sua persona è stato BASTARDO. Ma dopo la prima settimana ho potuto apprezzare la razionalità dei carichi e soprattutto la cura con cui mi ha seguito per 3 mesi. Il solo fatto di saper che c’è una persona che adopera il suo tempo per te è uno stimolo incredibile. Così sono riuscito a seguire la tabella per intero con l’unica eccezione di Uta (in quella occasione ho deluso il Mister).

La settimana che ha preceduto Reggio è stata caratterizzata dalla notizia della malattia di mia madre. Un periodo difficile che vivo nella doppia veste di medico e di figlio che per ragioni di lavoro e di scelta di vita ha lasciato la sua città e la sua famiglia di origine.

Ho pensato di rinunciare alla gara. La corsa non è solo un piacere. E’ certamente un lusso. Oggi il vero lusso è avere del tempo libero e fare cose che ti appassionano.

Con l’ansia nel cuore ho deciso di partire per Reggio Emilia.

Quando più di uno mi ha domandato se stavo sentendo la vigila, mi sono accorto che la mia testa era da un’altra parte. Infatti non ho avuto nessuna tensione o preoccupazione per la gara e forse è stato un bene. Tutti mi hanno sostenuto in modo affettuoso e certamente queste cose restano nella mente e nel cuore.

Poi la domenica siamo partiti in una bella giornata di sole, forse un po’ fredda.

Avevo nella testa e raccomandazioni di PierPaolo, di Chiara e di tutti glia altri. Il ritmo previsto era di 5’40’’ per arrivare in 4 ore. Per la marea di persone non sono riuscito a vedere i segnali dei primi 3 Km che ho percorso veloce nonostante la partenza prudente. Dopo ho deciso di rallentare anche per i consigli di un attempato runner. Non ho trovato compagni adatti e ho corso da solo con l’esclusione di alcuni chilometri. Ho sentito freddo alle gambe ed ho temuto per una lieve contrattura alla gamba destra nei primi Km. Dopo il 20° come per miracolo ho cominciato ad andare a 5’30’’ cominciando a superare decine di persone. Uno strappo al 25° mi ha impallato le gambe per 5 km, ma l’ho superato riprendendo il ritmo. A questo punto aspettavo questo famoso muro che però non si è fatto vedere. Ho continuato abbastanza tranquillo superando centinaia di concorrenti e sono arrivato con una certa facilità al traguardo. Devo dire che mi sono sentito in colpa per la freschezza con cui sono arrivato. Certo avevo nelle gambe un tempo migliore del 4 h 2’. Dopo la doccia calda ho iniziato a sentire una euforia imbarazzante. Mentre nelle notti precedenti avevo trattenuto a stento le lacrime, mi sono ritrovato a ridere e scherzare nel treno che ci portava a Milano in una tipica atmosfera da gita scolastica di fine anno. Il viaggio in treno è stata la parte fondamentale dei due giorni. Adesso se ci penso, non mi ricordo momenti di affanno o difficoltà durante la gara. Il viaggio in treno, la corsa in taxi, la battaglia per il biglietto in aeroporto me le ricordo bene. A proposito, volevo fare i complimenti al Presidente che è riuscito ad evitarci quelle noiose attese in aeroporto.

Oggi mi arrivano notizie migliori da Verona. Si può combattere e sperare!

Così la maratona diventa metafora della vita. Lo slancio vitale è possibile se hai davanti un traguardo ed una speranza. Il dolore, la sofferenza si possono superare se il tuo progetto di vita ha un orizzonte di speranza.

E dopo la sofferenza la necessita di condividere con gli altri. Quasi un conato di sentimenti che sgorga liberamente ed irrefrenabile.

Questa condivisione cementa rapporti umani e da sollievo e forza.

Cosa si può dire a quelli che hanno partecipato a Reggio Emilia? Come si può descrivere il clima di quei due giorni?

 Forse con le parole di un autore brasiliano che ho amato molto:

 

“Nel futuro che verrà,

avremo tutti gli stessi 20 anni

di 20 o 30 anni fa”

 

Nuoro 17 dicembre 2005

 Alfonso

 

inizio pagina