Viaggio al centro del mondo (Pain is temporary, shame is forever - day 4)
(Premessa: oggi non ho foto da inserire in quanto ho portato la "usa e getta" che ho poi lasciato nella busta con i vestiti, le cui foto (della macchina fotografica, non dei vestiti) non sono ancora riuscito a digitalizzare. E comunque sono venute di qualità davvero infima)
(commento musicale consigliato: It's a wonderful life, di Black)
Stavo tirando Tergat e Ramalla al 24°miglio della Maratona di New York, quando la sveglia suonò alle 05.00, svegliandomi...
Ed alle 05.45 siamo in strada, in compagnia di altra umanità varia che ha avuto la stessa idea. Dobbiamo andare fino alla Public Library, dove verremo caricati sui bus dell'organizzazione. Il tutto si svolge nella perfezione più totale. Veniamo instradati con le striscie direttamente davanti agli ingressi dei bus, e non facciamo un minimo di coda, nonostante sembri che tutti i maratoneti si siano dati appuntamento nello stesso punto, alla stessa ora. Prima però c'è stata da risolvere la "questione colazione". E come risolverlo se non da Starbucks? Magari proprio in quello posto in Times Square, proprio 50mt dopo quello sotto l'ostello, dato che in Times Square è aperto 24/24. E la cosa si nota dall'atteggiamento dell'addetta, che gli occhi semi-chiusi e che serviva biascicando le parole senza quasi allargare le labbra, dimostrando direi insofferenza quando le facevo presente che avevo ordinato un bran muffin, anziché un flavoured bagel come mi ha invece propinato (manco fosse stato possibile confondere le cose, nel mio inglese). Lei scaglia con stizza il sacchetto vecchio nel bidone della rumenta che era dall'altra parte del retro-banco, mi infila in un sacchetto nuovo quello che volevo, ed io me ne vado senza neppure salutarla, affogando per una volta la mia vena polemica nella maxi cup di caffellatte con panna e cannella, sotto lo sguardo meravigliato del Mune.
Diciamo che questa non sarebbe la mia colazione ideale pre-Maratona, in quanto sono solito non appesantirmi così. Ma le fette biscottate con burro e marmellata, con una tazza di te a seguire non era facile da preparare in anticipo. Cacchio, ma vuoi non digerire il tutto prima delle 10.10??? Così butto giù il tutto e salgo sul bus.
La situazione atmosferica promette bene. Dal giorno dell'arrivo (giovedì) c'è sempre sole ed una piacevole temperatura, ed io sono praticamente sempre andato in maniche di camicia, anche alla sera. Oggi non è da meno, condita però da una cappa di umidità non indifferente, ed avvicinandoci all'East River veniamo accolti da un banco di foschia sempre più consistente. Speriamo che si riesca a vedere almeno un po' di sole in seguito. Arriviamo al Ponte di Verrazano e, dopo essere stati scaricati, ci avviamo verso Fort Wadsworth. Già nel tragitto bus-Fortezza ci sono persone (volontari dell'Organizzazione, credo) che ci salutano e ci incitano. Belin, ma fateci partire, almeno!
Peccato aver fatto colazione prima, qui ci offrono da mangiare l'impossibile: caffé, bagels di tutti i tipi, barrette powerbar, the caldo, gatorade, banane, arance, dolci. E noi due deficenti abbiamo lasciato circa 5 dollari ciascuno a quella rincoglionita allo Starbucks! Vabbè, passiamo oltre, e ci accorgiamo che in terra è completamente bagnato dall'umidità. Dove/come sdraiarci? Realizzo oltretutto che ci siamo dimenticati in camera le due tute cerate che avevo acquistato per l'occasione dal ferramente al costo di ben 2,5 euro l'una e che dovevano ripararci dal freddo e dall'umidità del terreno. Ora, il primo problema era già risolto. Ma il secondo? Semplice, elemosino due grossi scatoloni dai responsabili dal banco gatorade e li pieghiamo per le nostre necessità di "sbraco sull'erba", allontanandoci con i nostri giacigli sottobraccio e le nostre cose in un sacchetto di plastica, come due homeless... Che bell'immagine...
Incredibile. Sui cartoni il Mune riesce anche a dormire. Io invece mi agito a mi guardo intorno, sento la musica (fantastica) di un gruppo che suona il blues sul palco della catena Best Buy, vado a fare la canonica capatina al gabinetto maschile più lungo del mondo (dove incontro e fotografo anche tre italiani che si "scaldano" fumando una sigaretta a testa...), insomma giro un po' per incontrare anche altri dei miei conoscenti. Ovviamente ri-incontro il Kussof incontrato il giorno prima ed, alla spicciolata, anche qualche altra conoscenza come il Margantonio e Paolo Cova (già all'interno del corral). Una maglietta con la scritta
Il dispiego di forze da parte dell'Organizzazione è impressionante. Volontari da tutte le parti che ti aiutano ai banchetti, ti offrono informazioni per la strada, un numero indefinito di camioncini dove consegnare le borse (piccoli e non ingombranti, con gli addetti che prendono con gentilezza ed un sorriso naturale le tue cose e le ripongono con delicatezza ed in ordine sugli appositi ripiani, non camion con rimorchio come ad esempio a Venezia o da altre parti con partenza ed arrivo separate, e dove gli addetti lanciano le sacche all'interno come se stessero lanciando un giavellotto) gabinetti chimici come se piovessero (e dove c'era coda, si formava solo perchè non sapevano che in un'altra zona meno battuta ce n'era una sfilza liberi, visti da me!). Ok, non ci sono le docce all'arrivo. E allora? Siamo all'estero, non mi si dica che mettersi una tuta ed andare fino in albergo sia troppa fatica.
Entriamo nel nostro corral verso le 09.20 e siamo praticamente tra i primi (anche perchè i nostri numeri erano relativamente bassi - io ero il 4034) e ci mettiamo in religiosa attesa. Il rispetto dei cancelli è (ora) abbastanza rigido. Solo da quando ci fanno camminare fino alla linea di partenza c'è qualche mescolanza, ma nulla di che. A fianco degli atleti in attesa del via ci sono anche degli autobus del tipo a due piani, con quello superiore scoperto per i sightseeing tours di Manhattan pieno di gente che ha tesserini particolari, e che quindi poteva stare li a vedersi lo spettacolo. E che spettacolo! Centinaia di podisti che quasi all'unisono espletano le loro ultime funziuoni corporali contro la fiancata rossa fiammante dei bus. Credo che il mio "attrezzo" sia in questo momento viaggiando da qualche parte del mondo, nell'hard disk di quella signora/ina sotto la quale mi trovavo a "passare" (o magari stampato ed incorniciato sul suo comodino, basta che non mi finisca su "rotten.com"...).
Commento del Sindaco di NY (che nessuno caga), strappalacrime inno nazionale americano, e...
SIGNORE E SIGNORI, IL COLPO DI CANNONE!
Sembra incredibile, ma dopo soli 5" (si, proprio secondi!) passiamo sotto lo striscione della partenza, eravamo messi benissimo. Il ponte rimbomba e sussulta, sotto i colpi di 70.000 passi. E noi ci guardiamo intorno come dei bambini (83 anni in due...) che scoprono il mondo solo ora, dimenticandoci che il ponte è in salita. Scendiamo su Brooklyn ed inizia la festa, solo che non capiamo se la festa era la nostra o quella degli abitanti. Sui gradini delle case c'era la gente che applaudiva e urlava per sostenerci, e molti avevano allestito nei loro giardini un pic-nic improvvisato, sedendosi e guardandoci passare. Tutti erano in ogni caso felici che noi fossimo lì, ed i bambini che non mangiavano ci chiedevano il "cinque", e come non accontentarli? Il Mune era invece più prudente, si limitava a sorridere loro ed a meravigliarsi per tutta la gente presente (anche perchè il cagotto della notte tra venerdì e sabato lo aveva reso particolarmente prudente).
Passano le miglia ed il nostro ritmo aveva preso un passo regolare di circa 7'40"/7'35" per miglio. L'ottavo (la fantastica Lafayette Avenue, in salita brusca) lo superiamo addirittura in spinta, trascinati dall'entusiasmo dei numerosi ragazzini di colore che ci offrivano fazzoletti di carta e banane (ad entrambi viene in mente in quel momento una battuta talmente scema, ma così cretina che non mi azzardo neppure a riportarla. Quello che mi preoccupa è che abbiamo avuto la stessa idea contemporaneamente. Magari ve la dico di persona, ché è meglio...), ma le sensazioni peggioravano in maniera direttamente proporzionale all'aumentare delle miglia percorse. Il Mune mi rende noto il suo "imbarazzamento interiore", io invece gli controbatto che avevo proprio male all'intestino, prospettando con certezza l'arrivo di un fax piuttosto importante (non sono riuscito a rendere l'espressione meno scurrile!!). Il fastidio intestinale sembra invece placarsi, ma un pit stop velocissimo (lui quasi la fa camminando, io invece mi fermo per una ventina di secondi) ci separa in maniera irrimediabile all'incirca al 10° miglio, non riuscendo io ad avere quella brillantezza necessaria per recuperare il distacco. Riesco solo a farmi una risata quando mi passano due italiani con le magliette con le scritte "Meno male che tra un mese sono a Cortina!!" e "I am Attutta!"
Resto quindo solo e nel frattempo il mal di intestino prende armi e bagagli e si trasferisce nello stomaco. Bruttissime sensazioni sono quelle che sento dal 13° miglio in poi, sono le stesse che avevo già provato due anni fa, in questa stessa Maratona, e qualche altra volta. Proprio quelle che mi avevano portato ad una sosta di 1h30' a vomitare su di un marciapiede del Bronx, vicino ad un albero, supportato moralmente da due poliziotti, al 20° miglio. Penso proprio che dopo un po' dovrò ripetere la scena, ma la cosa mi fa talmente schifo che la rifiuto proprio. M'impogno mentalmente di non pensarci e di arrivare almeno correndo all'inizio della 1st Avenue, per non perdermi lo spettacolo. Alla fine del Queensborough Bridge, proprio sulla curva famosa, salgo sul muretto e faccio finta di non sentire la gente. Loro applaudono, ma io continuo, agitando in più le braccia incitando ad urlare più forte, e finalmente ottengo un boato generale, andandomene soddisfatto.
L'ingersso della 1st Avenue è una favola, non si può credere che quei due muri umani siano lì per noi podisti. Tutti incitano tutti, e non si può che restare storditi da tale spettacolo. Decido di andare al passo per un po' per vedere se passa il mal di stomaco e godermi lo spettacolo, ma anche camminando ho le vertigini, ed in qualche punto ho la sensazione di sbandare vistosamente. La gente mi incita a non camminare ("You can do it!!"), ma per due miglia non riesco a fare due passi che siano due di corsa. Al cartello del 18° mi fermo seduto su un marciapiede a riprendere fiato. la gente che era lì mi guarda e mi offre acqua, banane, altra frutta, mi chiede se voglio aiuto, ma ringrazio quasi con le lacrime agli occhi e li tranquillizzo sul mio stato con un "Just a moment...!", concentrando tutta la mia attenzione sul fatto che non avrei dovuto per nulla al mondo fare la figura di merda di vomitare sulla maglietta del bambino al mio fianco... (*)
Passa qualche minuto e provo ad alzarmi. Le gambe sembrano reggere, e il morale pure. Saluto George, Paul, Rawhide, Julia, e Nicholas con i quali avevo fatto conoscenza nel frattempo sul bordo del marciapiede e che mi avevano offerto il loro supporto morale, e riprovo a camminare prima, ed a corricchiare poi. Il mio andare trotterellante andava sempre più migliorando con il passare dei metri e riuscivo ad arrivare tranquillamente nei pressi di quel famoso albero al 20° miglio del Bronx, al quale (albero, non Bronx) mostro chiaramente dov'è che mio nonno appendeva l'ombrello. Sempre attento che i poliziotti, presenti lì anche quest'anno, non fraintendessero il gesto.
Un rapido check up generale mi faceva ben sperare per le restanti 6 miglia. Le salite della 5th Avenue prima e di Central Park poi non mi facevano più paura. Qualcosa si era messo a girare per il verso giusto e la pancia non era più un problema. In lontananza riconosco addirittura una divisa conosciuta... Ma si, era proprio il Mune, che ha avuto una raffica di "scariche" nella seconda metà della gara. Lo raggiungo sotto il cartello del 25° miglio, così mi racconta velocemente delle sue "gesta" dietro le macchine posteggiate nelle vie laterali del Bronx e di Harlem. Non oso chiedergli se lui avesse risposto a qualche richiesta di "cinque", in seguito. Ma a questo punto tutto passa in secondo piano. Siamo entrambi saltati per quanto riguarda i tempi, e non ce la sentivamo di cercare di allungare per averla vinta l'uno sull'altro. L'arrivo doveva essere fatto insieme, ed insieme è stato. Il tempo finale di 3h55'07" non ha influenza sui nostri stati d'animo, che hanno raggiunto livelli inarrivabili. Non vedo l'ora di vedere la foto di noi due che arriviamo mano nela mano, urlan... oddio, MANO nella MANO???
(*) Iniziando la descrizione di questa giornata mi è venuto in mente il film Vanilla Sky, dove Tom Cruise, una volta raggiunto il punto più basso della sua vita, si addormenta in mezzo alla strada dopo una ciucca epocale, e svegliandosi trova tutto che funziona a dovere, per ragazza ha una gnocca della Madonna, la faccia (che una volta era sfigurata) miracolosamente torna normale e tutto gli gira nel verso giusto. Ecco, questo è quello che avrei voluto fosse successo a partire da dopo che mi sono quasi accasciato sul marciapiede al 18° miglio.
In realtà sapete tutti come mi sia andata. L'albero al 20° miglio non posso neppure sapere se sia marcito o no sotto i colpi dei miei succhi gastrici di due anni fa, e magari i poliziotti sono stati uccisi durante una rapina ad una stazione di servizio. Dopo una pausa di 15' seduto con la testa tra le mani, ho deplorevolmente deciso che avrei cercato di evitare una sofferenza come quella del 2003. Non so ancora ora se abbia fatto bene o no, anche se dopotutto la medaglia di NY già la posseggo. Non riuscivo a trovare un senso nel continuare a stare male per altre 8 miglia (sono pur sempre 13km), così ho oltrepassato le barriere tra lo stupore generale ed alternando soste sedute ad un centinaio di metri al passo ho raggiunto una fermata del bus, in modo da tornare a prendermi la borsa con la roba da cambiarmi. La signora che me la consegna mi sorride e mi dice pure "Congratulations!", non accorgendosi che non avevo la medaglia al collo, ed io mi sono sentito una cacca. Il taxi mi riporta in ostello, ed il Mune, entrando, mi trova steso di traverso sul letto con le gambe in alto per cercare di bloccare lo stimolo del vomito. "Paglio, sei già qui? Mi hai raggiunto e superato! Bravo, peccato che non ci siamo riconosciuti quando mi hai passato! Quanto ci hai messo??" Belin, mi veniva da piangere nel girare la testa e vedere la sua medaglia. Ora posso fregiarmi del titolo di Primo DRS Ritirato alla Maratona di NY. Quanti altri di voi possono vantarsi in questo modo?
Oltretutto è riuscito a prendere una seconda medaglia, da donare ad un nostro amico podista (MAI dire ex-podista!) a casa, che se la meritava per motivi particolari (trapiantato di fegato ad aprile 2005, rientro previsto a Venezia 2006, e festeggiamento del ventennale della sua prima NY nel 2007).
Questa medaglia è stata comunque da me utilizzata per il resto della giornata. Intendiamoci, non mi sono vantato in giro con altri podisti di averla finita. E' che, giustamente, il Mune l'avrebbe portata al collo per NY, ed io al suo fianco senza medaglia mi sarei sentito una merda (lo sono ugualmente, ma ricade in un altro discorso). Così l'ho indossata, lasciando fuori il cordino e nascondendo all'interno della camicia il medaglione. Ai podisti che si sono congratulati con noi chiedendoci (Mune mi è testimone) il tempo effettuato è stata detta la nuda verità. Se invece a chiedere quanto avevamo fatto era (esempio) un semplice pizzaiolo turco o la segretaria dell'ostello, o comunque uno che non sapeva neppure quanti km fosse lunga la Gara, si diceva sbrigativamente un tempo standard (3h30'), e via a cambiare subito discorso!
Ora non so cosa effettivamente succeda nel mio stomaco durante queste disavventure. E' solo che sforzandomi di uscire a fare due passi nel pomeriggio, seguo Mune nel solito Starbucks. Ovviamente io non bevo nulla sul momento, ma una bottiglietta di quelle gelate con succo di frutta ed acqua gasata me la porto dietro per scrupolo. Infatti la passeggiata dura appena 5' fuori dal bar che me la ero già scofanata tutta in un fiato. Dopotutto avevo comunque corso 26km circa ed un po' di sete mi sembra normale che mi sia venuta. Ovviamente altra sosta in altro Starbucks con altra bevanda gasata durante il tragitto alla Public Library ed al Grand Central Terminal (con conseguente shopping lungo il percorso). Non succede nulla di particolare durante il resto della giornata (se si può dire questo, a NY), e la pizza presa in una delle 97584632987156 pizzerie al taglio della città fa calare il sipario sulla giornata di oggi.
End of day 4 (continua...)
Pagliotz.
PS: Mune, non è che nella mia fantasia ti auguravo una botta di cagotto simile, è che almeno dovevo trovare una scusa per lo meno plausibile ad un tuo teorico crollo nel finale di gara. E la scusa che ho trovato mi sembra almeno credibile
_______________________________________________
Drsitaly mailing list
Drsitaly@lists.runtheplanet.com
http://lists.runtheplanet.com/mailman/listinfo/drsitaly
|