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25 aprile 2004 - Gianmauro ci racconta la sua Padova |
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Millecentonovantacinquemetri. Ho visto il numero, 41, ho capito che era finita e che ce l’avevo fatta. Il cartello stava a destra, sul limite del colonnato, in una piazza bellissima. Piazza delle Erbe. Si sentiva da lontano la voce dello speaker, urlava nel microfono e dall’altoparlante la voce arrivava fin lì, a Piazza delle Erbe, a millecentonovantacinquemetri di distanza. A quel punto, l’ho chiamata. Ho detto il suo nome, a voce alta, e la voce mi si strozzava in gola per la fatica. Una fatica da bestia, 22 km. corsi solo su una gamba, la destra, la sinistra non la sentivo più per il dolore. Sindrome del tibiale anteriore, in pratica ti impedisce di ruotare la gamba, di effettuare quel movimento di spinta in avanti, insomma, di correre. Io ho corso lo stesso. Non volevo deluderla, avevo immaginato troppe volte la scena, l’arrivo, Lei che mi viene incontro, che mi abbraccia, che mi bacia. Quanto sono lunghi, questi metri. Quanto sono difficili. Quanto sono belli. Sono sbucato da un tunnel e fuori dal tunnel c’era la vita, visi sorridenti, facce allegre, grida, emozione. Dove sei ? Dove sei ? Dove ? Eccola. Mi chiama, grida, si sbraccia, ha indosso la magliettina che ha acquistato alle bancarelle, 5 euro e le sta così bene, chissà come fa. Mi viene da piangere. Come ho fatto, mi chiedo, come ? La risposta è Lei, questa ragazza di 42 anni che ha ripreso in mano la mia vita e le ha dato un senso, quel senso che si era smarrito, che avevo perduto nel fallimento di un’altra vita, diversa, meno bella e più difficile. Biip, il chip suona, tre ore e cinquantadue, che vergogna. Chissenefrega. Mi danno una medaglia. Vado verso il limite della piazza, so esattamente in quale punto la vedrò, e Lei infatti arriva ed è lì. La vedo. Vedo la mia vita. La medaglia, la do a Lei. Per quanto mi riguarda, è più sua che mia. Piango. L’abbraccio. La bacio. Che bello. Che emozione, un’emozione infinita. |
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